Atlante dei Sapori
Un viaggio fra i sapori dei territori occitani
IL TERRITORIO IN UNA MANO
L’Atlante dei sapori si inserisce nel più ampio progetto Terres Monviso.
L’obiettivo è di individuare il patrimonio gastronomico di quest’area, al fine di promuovere quanto di buono offre questo angolo di Piemonte che ha nel Monviso il suo segno distintivo: un “grande cappello” che valorizza la pianura e le valli alle porte delle Alpi Cozie. È una sorta di censimento di cibi identitari caratterizzanti le sei aree di un parco agroalimentare diffuso che puoi immaginare idealmente su una mano, dove il palmo è la pianura saluzzese, mentre le dita, da destra a sinistra, sono le Valli Po e Bronda, la Valle Infernotto, la Valle Varaita, la Valle Maira; la Valle Grana e la Valle Stura. Al di sopra di confini puramente geografici e amministrativi – è dall'alto che bisognerebbe guardare –, usiamo di nuovo le dita di una mano per contare cinque tra i prodotti più significativi di questa fabbrica di biodiversità. Sono gli ingredienti che storicamente, perlomeno dopo Colombo, caratterizzano le Terre Occitane del Monviso rispetto ad altri luoghi: le patate di montagna, una su tutte la bionda Piatlina, vera bandiera di queste valli e regina degli gnocchi; il buon latte alpino piemontese in tutte le sue forme (burro, formaggio, panna…); le antiche varietà di castagne, prezioso frutto di un monumentale “albero del pane” che ancora oggi nutre come un tempo; gli altri piccoli e grandi frutti, nonché le erbe officinali di cui vanno pure ghiotti i camosci, prima raccolte spontaneamente, poi diventate un fiorente commercio (da ultimo lo zafferano delle Terre del Monviso e il genepì delle Valli Occitane, l’“oro rosso” e l’“oro verde” di queste lande), senza dimenticare il miele distillato da api che vivono ancora a loro agio in un ambiente incontaminato; i grani tradizionali, coltivati da vivaci contadini e macinati a pietra negli ultimi mulini ad acqua, alla base di un fragrante pane cotto nel forno a legna e di una fumante polenta.
Da sempre le Alpi sono terra di itineranza. Dopo una prima fase di interviste, in cui abbiamo interpellato gli amministratori di Comuni e Unioni montane, ci siamo messi in cammino. Per dirla con Mario Soldati, ci piace pensarlo come un Viaggio “nelle valli” del Po alla ricerca dei cibi genuini. Dal lavoro sul campo a fianco di agricoltori, allevatori, artigiani e ristoratori, sono emerse centinaia di realtà produttive, nuove e storiche. All’interno delle sette categorie merceologiche in cui è strutturato l’Atlante, sono state privilegiate soprattutto quelle produzioni, spesso a marchio di qualità (DOP, IGP, PAT, PSF), che hanno storia, continuità, diffusione e sono direttamente 6 collegate all’attività primaria. Oltre sessanta schede descrivono agilmente questo straordinario patrimonio, fornendo riferimenti precisi che permettono a chiunque di essere immediatamente indirizzato e informato. Completa il quadro una selezione di 16 ricette e plateaux de fromages, raccontati dalla viva voce di cuochi e osti che con la loro arte danno lustro ai prodotti locali.
Ma l’elenco è potenzialmente sempre in aggiornamento. D’altronde, come ci ricorda Luigi Veronelli, che di queste valli conosceva il profumo dei fiori con cui era fatto ogni singolo cacio, la mappa non è il territorio. In altre parole, non pretende di essere una lista esaustiva e la scelta degli indirizzi è frutto di considerazioni differenti, talvolta personali. È un catalogo che vuole offrire un vademecum utile per scoprire i sapori di questi territori.
Per me che sono nato a Bra, nell’orbita di quel centro di straordinaria forza gastronomica che sono le Langhe, è sempre stato sorprendente il confronto con la cultura alimentare di quelle valli alpine che pure distano, in termini di chilometri, così poco dai luoghi della mia vita. Probabilmente – ma lo avrei capito solo con il passare degli anni, e con la frequentazione, specie della Valle Varaita prima e della Valle Maira poi – contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, la pianura che apparentemente è così favorevole agli spostamenti, ha invece rappresentato un “mondo di mezzo” impermeabile, o quasi, ai contatti tra le colline del vino e le montagne su cui troneggia il Monviso. Mi capita spesso di pensare che le montagne, che per un piemontese sono il baluardo dell’anima, oltre che della sua terra, rappresentano in modo sublime la stabilità e la sicurezza di qualcosa che non muta, specie in un mondo spesso sconvolto da fatti eccezionali e talora tremendi. E mi sembra che come un rifugio a lungo impenetrabile e custodito da un codice divenuto misterioso (com’è ai più la lingua occitana), le valli che incorniciano il Monviso abbiano dato riparo a grandi tradizioni alimentari e oggi offrano casa a giovani valorosi che tornano: là, dove i loro avi rinunciarono a restare, essi curano, coltivano, producono e vivono. I sapori non sono che la pelle di un grande corpo costruito dalle generazioni, ma come ogni pelle, anche questa mostra da quale DNA di- penda e reca i segni del tempo che la rendono unica. È bello dunque che la nostra piccola Università abbia potuto contribuire a ritrarre, in questo momento storico, il cibo di queste terre, con l’auspicio che nuove iniziative, nuovi contadini e nuovi gastronomi, la rendano presto bisognosa di un aggiornamento.
Carlo Petrini